Antoine de Saint-Exupйry "Il piccolo principe"
Un tempo lontano, quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali, intitolato
"Storie vissute della natura", vidi un magnifico disegno.
Rappresentava un serpenre boa nell'atto di inghiottire un animale.
Eccovi la copia del disegno.
C'era scritto: "I boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla.
Dopo di che non riescono piъ a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede".
Meditai a lungo sulle avventure della jungla.
E a mia volta riuscii a tracciare il mio primo disegno.
Il mio disegno numero uno.
Era cosм:
Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava.
Ma mi risposero: "Spaventare? Percnй mai, uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?"
Il mio disegno non era il disegno di un cappello.
Era il disegno di un boa che digeriva un elefante.
Affinchй vedessero chiaramente che cos'era, disegnai l'interno del boa.
Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi.
Il mio disegno numero due si presentava cosн:
Questa volta mi risposero di lasciare da parte i boa, sia di fuori che di dentro, e di applicarmi invece alla geografia, alla storia, all'aritmetica e alla grammatica.
Fu cosн che a sei anni io rinunziai a quella che avrebbe potuto essere la mia gloriosa carriera di pittore.
Il fallimento del mio disegno numero uno e del mio disegno numero due mi aveva disanimato.
I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta.
Allora scelsi un'altra professione e imparai a pilotare gli aeroplani.
Ho volato un po' sopra tutto il mondo: e veramente la geografia mi й stata molto utile.
A colpo d'occhio posso distinguere la Cina dall'Arizona, e se uno si perde nella notte, questa sapienza й di grande aiuto.
Ho incontrato molte persone importanti nella mia vita,
ho vissuto a lungo in mezzo ai grandi.
Li ho conosciuti intimamente, li ho osservati proprio da vicino.
Ma l'opinione che avevo di loro non й molto migliorate.
Quando ne incontravo uno che mi sembrava di mente aperta, tentavo l'esperimento del mio disegno numero uno, che ho sempre conservato.
Cercavo di capire cosi se era veramente una persona comprensiva.
Ma, chiunque fosse, uomo o donna, mi rispondeva: "Й un cappello".
E allora non parlavo di boa, di foreste primitive, di stelle.
Mi abbassavo al suo livello.
Gli parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte.
Е lui era tutto soddisfatto di avere incotrato(пф) un uomo tanto sensibile.
Cosi ho trascorso la mia vita solo,
senza nessuno cui poter parlare,
fino a sei anni fa quando ebbi un incidente col mio aeroplano, nel deserto del Sahara.
Qualche cosa si era rotta nel motore,
e siccome non avevo con me nй un meccanico, ne dei passeggeri, mi accinsi da solo a cercare di riparare il guasto.
Era una questione di vita o di morte, perchй avevo acqua da bere soltanto per una settimana.
La prima notte, dormii sulla sabbia, a mille miglia da qualsiasi abitazione umana.
Ero piъ isolato che un marinaio abbandonato in mezzo all'oceano, su una zattera, dopo un naufragio.
Potete immaginare il mio stupore di essere svegliato all'alba da una strana vocetta:
"Mi disegni, per favore, una pиcora?"
"Cosa?"
"Disegnami una pиcora".
Balzai in piedi come fossi stato colpito da un fщlmine.
Mi strofinai gli occhi piъ volte guardandomi attentamente intorno.
E vidi una straordinaria personcina che mi stava esaminando con grande serietа.
Qui potete vedere il miglior ritratto che riuscii a fare di lui, piъ tardi.
Ma il mio disegno и molto meno affascinante del modello.
La colpa non и mia, perт.
Con lo scoraggiamento che hanno dato i grandi, quando avevo sei anni,
alla mia carriera di pittore, non ho mai imparato a disegnare altro che serpenti boa dal di fuori o serpenti boa dal di dentro.
Ora guardavo fisso l'improvvisa apparizione con gli occhi fuori dall'orbita per lo stupore.
Dovete pensare che mi trovavo a mille miglia da una qualsiasi regione abitata,
eppure il mio ometto non sembrava smarrito in mezzo alle sabbie, nй tramortito per la fatica,
o per la fame, o per la sete, o per la paura.
Niente di lui mi dava l'impressione di un bambino sperduto nel deserto, a mille miglia da qualsiasi abitazione umana.
Quando finalmente potei parlare gli domandai:
"Ma che cosa fai qui?"
come tutta risposta, egli ripetй lentamente come si trattasse di cosa di molta importanza:
"Per piacere, disegnami una pиcora…"
Quando un mistero и cosi sovraccarico,
non si osa disubbidire.
Per assurdo che mi sembrasse, a mille miglia da ogni abitazione umana, e in pericolo di morte,
tirai fuori dalla tasca un foglietto di carta e la penna stilografica.
Ma poi ricordai che i miei studi si erano concentrati sulla geografia, sulla storia, sull'aritmetica e sulla grammatica e gli dissi, un po' di malumore, che non sapevo disegnare.
Mi rispose:
"Non importa. Disegnami
una pиcora…"
Non avevo mai disegnato una pиcora e allora feci per lui uno di quei due disegni che avevo fatto tante volte: quello del boa dal di fuori;
e fui sorpeso di sentirmi rispondere:
"No, no! Non voglio l'elefante dentro al boa. Il boa и molto pericoloso e l'elefante molto ingombrante.
Dove vivo io tutte и molto piccolo.
Ho bisogno di una pиcora: disegnami una pиcora".
Feci il disegno.
Lo guardт attentamente, e poi disse:
"No! Questa pиcora и malaticcia.
Fammene un'altra".
Feci un altro disegno.
Il mio amico mi sorrise gentilmente, con indulgenza.
"Lo puoi vedere da te", disse, "che questa non и una pиcora. И un ariete. Ha le corna".
Rifeci il disegno una terza volta, ma fu rifiutato come i tre precedenti.
"Questa и troppo vecchia. Voglio una pиcora che possa vivere a lungo".
Questa volta la mia pazienza era esaurita, avevo fretta di rimettere a posto il mio motore. Buttai giъ un quarto disegno.
E tirai fuori questa spiegazione:
"Questa и soltanto la sua cassetta. La pиcora che volevi sta dentro".
Fui molto sorpreso di vedere il viso del mio piccolo giudice illuminarsi:
"Questo и proprio quello che volevo. Pensi che questa pиcora dovrа avere una gran quantitб d'erba?"
"Perchй?"
"Perchй dove vivo io, tutto и molto piccolo…"
3
"Ci sarа certamente abbastanza erba per lei,
и molto piccola la pиcora che ti ho data".
Si chinт sul disegno:
"Non cosн piccola che - oh, guarda! - si и messa a dormire…"
E fu cosн che feci la conoscenza del piccolo principe.
Ci misi molto tempo a capire da dove venisse.
Il piccolo principe, che mi faceva una domanda dopo l'altra, pareva che non sentisse mai le mie.
Sono state le parole dette per caso che, poco a poco, mi hanno rivelato tutto.
Cosн, quando vide per la prima volta il mio aeroplano (non lo disgnerт perchй sarebbe troppo complicato per me), mi domandт:
"Che cos'и questa cosa?"
"Non и una cosa - vola.
И un aeroplano. И il mio aeroplano".
Ero molto fiero di fargli sapere che volavo.
Allora gridт:
"Come? Sei caduto dal cielo!"
"Si", risposi modestamente.
"Ah! Questa и buffa…"
E il piccolo principe scoppiт in una bella risata che mi irritт. Voglio che le mie disgrazie siano prese sul serio.
Poi riprese:
"Allora anche tu vieni dal cielo! Di quale pianeta sei?
Intravvidi una luce, nel mistero della sua presenza, e lo interrogai bruscamente:
“Tu vieni dunque da un altro pianeta?"
Ma non mi rispose.
Scrollт gentilmente il capo osservando l'aeroplano.
"Certo che su quello non puoi venire da molto lontano..."
E si immerse in una lunga meditazione.
Poi, tirando fuori dalla tasca la mia pиcora, sprofondт nella contemplazione del suo tesoro.
Voi potete bene immaginare come io fossi incuriosito da quella mezza confidenza su "gli altri pianeti".
Cercai dunque di tirargli fuori qualche altra cosa:
"Da dove vieni, ometto? Dov'и la tua casa?
Dove vuoi portare la mia pиcora?"
Mi rispose dopo un silenzio meditativo:
"Quello che c'и di buono, и che la cassetta che mi hai dato, le servirа da casa per la notte".
"Certo. E se sei buono ti darт pure una corda per legare la pиcora durante il giorno.
E un paletto".
La mia proposta scandalizzт il piccolo principe.
"Legarla? Che buffa idea!"
"Ma se non la leghi andrа in giro e si perderа…"
il mio amico scoppiт in una nuova risata:
"Ma dove vuoi che vada!"
"Dappertutto. Dritto davanti a sй…"
E il piccolo principe mi rispose gravemente:
"Non importa, и talmente piccolo da me!"
E con un po' di malinconia, forse, aggiunse:
"Dritto davanti a sй non si puт andare molto lontano…"
4
Avevo cosн saputo una seconda cosa molto importante! Che il suo pianeta nativo era poco piъ grande di una casa.
Tuttavia questo non poteva stupirmi molto.
Sapevo benissimo che, oltre ai grandi pianeti come la Terra, Giove, Marte, Venere ai quali si и dato un nome, ce ne sono centinaia ancora che sono a volte cosн piccoli che si arriva sн e no a vederli col telescopio.
Quando un astronomo scopre uno di questi, gli dа per nome un numero.
Lo chiama per esempio: "l'asteroide 3251".
Ho serie ragioni per credere che il pianeta da dove veniva il piccolo principe и l'asteroide B 612.
Questo asteroide и stato visto una sola volta al telescopio da un astronomo turco.
Aveva fatto allora una grande dimostrazione della sua scoperta a un Congresso Internazionale d'Astronomia.
Ma in costume com'era, nessuno lo aveva preso sul serio.
I grandi sono fatti cosi.
Fortunatamente per la reputazione dell'asteroide B 612 un dittatore turco impose al suo popolo, sotto pena di morte, di vestire all'europea.
L'astronomo rifece la sua dimostrazione nel 1920, con un abito molto elegante. E questa volta tutto il mondo fu con lui.
Se vi ho raccontato tanti particolari sull'asteroide B 612 e se vi ho rivelato il suo numero, и proprio per I grandi che amano le cifre.
Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali.
Non si domandano mai: “Qual и il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi prefereti? Fa collezione di farfalle?”
Ma vi domandano:”Che etа ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?”
Allora soltanto credono di conoscerlo.
Se voi dite ai grandi: “Ho visto una bella casa in mattoni rosa, con dei gerani alle finestre, e dei colombi sull tetto”,
loro non arrivano a immaginarsela.
Bisogna dire: “Ho visto una casa di centomila lire”,
e allora esclamano: “Com’и bella.”
Cosн se voi gli dite:
"La prova che il piccolo principe и esistito, sta nel fatto che era bellissimo, che rideva e che voleva una pиcora.
Quando uno vuole una pиcora и la prova che esiste
&28@001<0 0 Be', loro alzeranno le spalle,
e vi tratteranno come un bambino. >
&29@001<0 0 Ma se voi invece gli dite:>
&30@001<0 0 Il pianeta da dove veniva и
l'asteriode B 612>
&31@001<0 0 allora ne sono subito convinti e
vi lasciano in pace con le domande.>
&32@001<0 0 Sono fatti cosм.
Non c'и da prendersela.
I bambini devono essere
indulgenti coi grandi.>
&33@001<0 0 Ma certo, noi che comprendiamo
la vita, noi ce ne infischamo dei numeri!>
&34@001<0 0 Mi sarebbe piaciuto cominciare
questo racconto come una storia di fate.>
&35@001<0 0 Mi sarebbe piaciuto dire:>
&36@001<0 0 C'era una volta un piccolo
principe che viveva su di un pianeta
poco piщ grande di lui
e aveva bisogno di un amico.>
&37@001<0 0 Per coloro che comprendono la vita,
sarebbe stato molto piщ vero.>
&38@001<0 0 Perchи non mi piace che si legga
il mio libro alla leggera.>
&39@001<0 0 И un grande dispiacere per me
confidare questi ricordi.>
&40@001<0 0 Sono giа sei anni che
il mio amico se ne и andato con la sua
pecora e io cerco di descriverlo per
non dimenticarlo.>
&41@001<0 0 И triste dimenticare un amico.>
&42@001<0 0 E posso anch'io diventare come
i grandi che non s'interessano piщ
che di cifre.>
&43@001<0 0 Ed и anche per questo che ho
comperato una scatola coi colori e con le matite.>
&44@001<0 0 Non и facile rimettersi al disegno alla
mia etа quando non si sono fatti altri
tentativi che quello di un serpente boa
dal di fuori e quello di un serpente boa
dal di dentro, e all'etа di sei anni.>
&45@001<0 0 Mi studierт di fare ritratti
somigliantissimi.>
&46@001<0 0 Ma non sono affatto sicuro
di riuscirvi.>
&47@001<0 0 Un disegno va bene, ma l'altro non
assomiglia per niente.>
&48@001<0 0 Mi sbaglio anche sulla statura.>
&49@001<0 0 Qui il piccolo principe
и troppo grande.
Lа и troppo piccolo.>
&50@001<0 0 Esito persino sul colore
del suo vestito.>
&51@001<0 0 E allora tento e tentenno,
bene o male.>
&52@001<0 0 E finirт per sbagliarmi su certi
particolari piщ importanti.>
&53@001<0 0 Ma questo bisogna perdonarmelo.>
&54@001<0 0 Il mio amico non mi dava mai
delle spiegazioni.>
&55@001<0 0 Forse credeva che fossi come lui.>
&56@001<0 0 Io, sfortunatamente, non sapeva
vedere le pecore attraverso le casse.>
&57@001<0 0 Puт darsi che io sia un po' come
i grandi.
Devo essere invecchiato.
5
Ogni giorno imparavo qualche cosa sul pianeta, sulla partenza, sul viaggio. Veniva da sи, per qualche riflessione.
Fu cosi che al terzo giorno conobbi il dramma dei baobab.
Anche questa volta fu merito della pecora, perchи bruscamente il piccolo principe mi interrogт, come preso da un grave dubbio:
И proprio vero che le pecore mangiano gli arbusti?
Si, и vero.
Sono contento.
Non capii perchи era cosi importante che le pecore mangiassero gli arbusti. Ma il piccolo principe continuт:
Allora mangiano anche i baobab?
Feci osservare al piccolo principe che i baobab non sono degli arbusti, ma degli alberi grandi come chiese e che se anche avesse portato con sи una mandria di elefanti, non sarebbe venuto a capo di un solo baobab.
L'idea della mandria di elefanti fece ridere il piccolo principe:
Bisognerebbe metterli gli uni su gli altri...
Ma osservт saggiamente:
I baobab prima di diventar grandi cominciano con l'essere piccoli.
И esatto! Ma perchи vuoi che le tue pecore mangino i piccoli baobab?
Be'! Si capisce, mi rispose come se si tratasse di una cosa evidente. E mi ci volle un grande sforzo d'intelligenza per capire da solo questo problema.
Infatti, sul pianetta del ppiccolo principe ci sono, come su tutti i pianeti, le erbe buone e quelle cattive. Di conseguenza: dei buoni semi di erbe buone e dei cattivi semi di erbe cattive. Ma i semi sono invisibli. Dormono nel segreto della terra fino a che all'uno o all'altro pigli la fantasia di risvegliarsi. Allora si stira, e sospinge da principio timidamente verso il sole un bellissimo ramoscello inoffensivo. Se si tratta di un ramoscello di ravanello o di rosaio, si puт lascirlo spuntare come vuole. Ma se si tratta di una pianta cattiva, bisogna strapparla subito, appena la si и riconosciuta. C'erano dei terribli semi sul pianeta del piccolo principe: erano i semi dei baobab. Il suolo ne era infestato. Ora, un baobab, se si arriva troppo tardi, non si riesce piщ sbarazzarsene. Ingombra tutto il pianeta. Lo trapassa con le sue radici. E se il pianeta и troppo piccolo e i baobab troppo numerosi, lo fanno scoppiare.
И una questione di disciplina, mi diceva piщ tardi il piccolo principe. Quando si ha finito di lavarsi al mattino, bisogna fare con cura la pulizia del pianeta. Bisogna costringersi regolarmente a strappare i baobab appena li si distingue dai rosai ai quali assomigliano molto quando sono piccoli. И un lavoro molto noioso, ma facile.
E un giorno mi consigliт, di fare un bel disegno per far entrare bene qesta idea nella testa dei bambini del mio paese.
Se un giorno viaggeranno, mi diceva, questo consiglio gli potrа servire. Qualche volta и senza inconvenienti rimettere a piщ tardi il proprio lavoro. Ma se si tratta dei baobab и sempre una catatrofe. Ho conosciuto un pianeta abitato da un pigro. Aveva trascurato tre arbusti...
E sull'indicazione del piccoio principe ho disegnato quel pianeta. Non mi piace prendere il tono del moralista. Ma il pericolo dei baobab и cosм poco conosciuto, e i rischi che correrebbe chi si smarrisse su un asteroide, cosм gravi, che una volta tanto ho fatto eccezione.
E dico: Bambini! Fate attenzione ai baobab!
E per avvertire i miei amici di un pericolo che hanno sempre sfiorato, come me stesso, senza conosscerlo, ho tanto lavorato a cuesto disegno. La lezione che davo, giustificava la fatica. Voi mi domanderete forse: Perchи non ci sono in questo libro altri disegni altrettanto grandiosi come quello dei baobab? La risposta и molto semplise: Ho cercato di farne uno, ma non ci sono riuscito. Quando disegnato i boabab ero animato dal sentimento dell'urgenza.
6
Oh, piccolo principe, ho capito a poco a poco la tua piccola vita malinconica. Per molto tempo tu non avuto per distrazione che la dolcezza dei tramonti. Ho appreso questo nuovo particolare il quarto giorno, al mattino, quando mi hai detto:
Mi piacciono tanto i tramonti. Andiamo a vedere un tramonto...
Ma bisogna aspettare...
Aspetare che?
Che il sole tramonti...
Da prima hai avuto un'aria molto sorpresa, e poi hai riso di te stesso e mi hai detto:
Mi credo sempre a casa mia...!
Infatti. Quando agli Stati Uniti и mezzogiorno tutto il mondo sa che il sole tramonta sulla Francia. Basterebbe al poter andare in. Francia in minuto per assistere al tramonto. Sfortunatamente la Francia и troppo lontana. ma sul tuo piccolo pianeta ti bastavia posstare la tua sedia di qualche passo. E guardavi il crepuscolo tutte le volte che lo volevi... Un giorno ho visto il sole tramontare quarantarи volte!
E piщ tardi hai soggiunto:
Sai... quando si и molto tristi si amano i tramonti...
Il giorno dele quarantatrи volte eri tanto triste? Ma il piccolo principe non rispose.
7
Al quinto giorno, sempre grazie alla pиcora, mi fu svelato questo segreto della vita del piccolo principe.
Mi domandт bruscamente, senza preamboli, come il frutto di un problema meditato a lungo in silenzio:
"Una pиcora se mangia gli arbusti, mangia anche i fiori?"
"Una pиcora magia tutto quello che trova".
"Anche i fiori che hanno le spine?"
"Sн. Anche i fiori che hanno le spine".
"Ma allora le spine a che cosa servono?"
Non lo sapevo.
Ero in quel momento occupatissimo a cercare di svitare un bullone troppo stretto del mio motore.
Ero preoccupato perchй la mia panne cominciava ad apparirmi molto grave e l'acqua da bere che si consumava mi faceva temere il peggio.
"Le spine a che cosa servono?"
il piccolo principe non rinunciava mai a una domanda che aveva fatta.
Ero irritato per il mio bullone e risposi a casaccio:
"Le spine non servono a niente, и pura cattiveria da parte dei fiori".
Ma dopo un silenzio mi gettу in viso con una specie di rancore:
"Non ti credo! I fiori sono dиboli. Sono ingиnui. Si rassicurano come possono. Si credono terribili con le loro spine…"
Non risposi.
In quel momento mi dicevo:
"Se questo bullone resiste ancora, lo farу saltare con un colpo di martello".
Il piccolo principe disturbу di nuovo le mie riflessioni.
"E tu credi, tu, che i fiori…"
"Ma no! Non credo niente! Ho risposto una cosa qualsiasi. Mi occupo di cose serie, io!"
Mi guardу stupefatto.
"Di cose serie!"
Mi vedeva col martello in mano, le dita nere di sugna, chinato su un oggetto che gli sembrava molto brutto.
"Parli come i grandi!"
Ne ebbi un po' di vergogna.
Ma, senza pietа, aggiunse:
"Tu confondi tutto… tu mescoli tutto!"
Era veramente irritato.
Scuoteva al vento i suoi capelli dorati.
"Io conosco un pianeta su cui c'и un signor Chermisi.
Non ha mai respirato un fiore.
Non ha mai guardato una stella.
Non ha mai voluto bene a nessuno.
Non fa altro che addizioni.
E tutto il giorno ripete come te:
"Io sono un uomo serio!" e si gonfia di orgoglio.
Ma non и un uomo, и un fungo!"
"Che cosa?"
"Un fungo!"
Il piccolo principe adesso era bianco di collera.
"Da migliaia di anni i fiori fabbricano le spine.
Da migliaia di anni le pиcore mangiano tuttavia i fiori.
"E non и una cosa seria cercare di capire perchй i fiori si danno tanto da fare per fabbricarsi delle spine che non sevono a niente?
Non и importante la guerra fra le pиcore e i fiori?
Non и piъ serio e piъ importante delle addizioni di un grosso signore rosso?
E se io conosco un fiore unico al mondo, che non esiste da nessuna parte,
altro che nel mio pianeta, e che una piccola pиcora puу distruggere di colpo, cosн un mattino,
senza rendersi conto di quello che fa, non и importante questo!"
Arrossi, poi riprese:
"Se qualcuno ama un fiore, di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle,
questo basta a farlo felice quando lo guarda.
"E lui si dice: "Il mio fiore и la in qualche luogo."
"Ma se la pиcora mangia il fiore, и come se per lui tutto a un tratto, tutte le stelle si spegnessero!
E non и importante questo!"
Non potй proseguire.
Scoppiт bruscamente in singhiozzi.
Era caduta la notte.
Avevo abbandonato i miei utensili.
Me ne infischiavo del mio martello, del mio bullone, della sete e della morte.
Su di una stella, un pianeta, il mio, la Terra, c'era un piccolo principe da consolare!
Lo presi in braccio. Lo cullai.
Gli dicevo: "Il fiore che tu ami non и in pericolo…
Disegnerт una museruola per la tua pиcora… e una corazza per il tuo fiore… io…"
Non sapevo bene che cosa dirgli.
Mi sentivo molto maldestro.
Non sapevo come toccarlo, come raggiungerlo…
il paese delle lacrime и cosн misterioso….
….Imparai ben presto a conoscere meglio questo fiore.
C'erano sempre stati sul pianeta del piccolo principe dei fiori molto semplici, ornati di una sola raggiera di petali, che non tenevano posto e non disturbavano nessuno.
Apparivano un mattino nell'erba e si spegnevano la sera.
Ma questo era spuntato un giorno, da un seme venuto chissа da dove, e il piccolo principe aveva sorvegliato da vicino questo ramoscello che non assomigliava a nessun altro ramoscello.
Poteva essere una nuova specie di baobab.
Ma l'albusto cessт presto di crescere e cominciт a preparare un fiore.
Il piccolo principe, che assisteva alla formazione di un bocciolo enorme, sentiva che ne sarebbe uscita un'apparizione miracolosa,
ma il fiore non smetteva piъ di prepararsi ad essere bello, al riparo della sua camera verde.
Sceglieva con cura i suoi colori, si vestiva lentamente, aggiustava i suoi petali ad uno ad uno.
Non voleva uscire sgualcito come un papavero.
Non voleva apparire che nel pieno splendore della sua bellezza.
Eh, si, c'era una gran civetteria in tutto questo!
La sua misteriosa toeletta era duranta giorni e giorni.
E poi, ecco che un mattino, proprio all'ora del sole, si era mostrato.
E lui, che aveva lavorato con tanta precisione, disse sbadigliando:
"Ah! Mi sveglio ora. Ti chiedo scusa… sono ancora tutto spettinato…"
il piccolo principe allora non potй frenare la sua ammirazione:
"Come sei bello!"
"Vero", rispose dolcemente il fiore, "e sono nato insieme al sole…"
il piccolo principe indovinт che non era molto modesto, ma era cosн commovente!
"Credo che sia l'ora del caffи e latte", aveva soggiunto, "vorresti pensare a me…"
E il piccolo principe, tutto confuso, andт a cercare un innaffiatoio di acqua fresca e servн al fiore la sua colazione.
Cosн l'aveva ben presto tormentato con la sua vanitа un poco ombrosa.
Per esempio, un giorno, parlando delle sue quattro spine, gli avevo detto:
"Possono venire le tigri, con i loro artigli!"
"Non ci sono tigri sul mio pianeta", aveva obiettato il piccolo principe, " e poi le tigri non mangiano l'erba".
"Io non sono un'erba", aveva dolcemente risposto il fiore.
"Scusami..."
"Non ho paura delle tigri, ma ho orrore delle correnti d'aria... Non avresti per caso un paravento?"
"Orrore delle correnti d'aria?
"И un po' grave per una pianta", aveva osservato il piccolo principe. "И molto complicato questo fiore..."
"Alla sera mi metterai al riparo sotto a una campana di vetro. Fa molto freddo qui da te... Non и una sistemazione che mi soddisfi. Da dove vengo io..."
Ma si era interrotto. Era venuto sotto forma di seme.
Non poteva conoscere nulla degli altri mondi.
Umiliato di essersi lasciato sorprendere a dire una bugia cosн ingenua, aveva tossito due o tre volte, per mettere il piccolo principe dalla parte del torto...
"E questo paravento?..."
"Andavo a cercarlo, ma tu mi parlavi!"
Allora aveva forzato la sua tosse per fargli venire dei rimorsi.
Cosi il piccolo principe, nonostante tutta la buona volontа del suo amore, aveva cominciato a dubitare di lui.
Aveva preso sul serio delle parole senza importanza che l'avevano reso infelice.
"Avrei dovuto non ascoltarlo", mi confidт un giorno, "non bisogna mai ascoltare i fiori. Basta guardarli e respirarli. Il mio, profumava il mio pianeta, ma non sapevo rallegrarmene. Quella storia degli artigli, che mi aveva tanto raggelato, avrebbe dovuto intenerirmi".
E mi confidт ancora:
"Non ho saputo capire niente allora! Avrei dovuto giudicarlo dagli atti, non dalle parole. Mi profumava e mi illuminava. Non avrei mai dovuto venirmene via! Avrei dovuto indovinare la sua tenerezza dietro le piccole astuzie. I fiori sono cosi contraddittori! Ma ero troppo giovane per saperlo amare".
Io credo che egli approfittт, per venirsene via, di una migrazione di uccelli selvatici.
Il mattino della partenza mise bene in ordine il suo pianeta.
Spazzт accuratamente il camino dei suoi vulcani in attivitа.
Possedeva due vulcani in attivitа.
Ed era molto comodo per far scaldare la colazione del mattino.
E possedeva anche un vulcano spento.
Ma, come lui diceva, "non si sa mai" e cosi spazzт anche il camino del vulcano spento.
Se i camini sono ben puliti, bruciano piano piano, regolarmente, senza eruzioni.
Le eruzioni vulcaniche sono come gli scoppi nei caminetti.
И evidente che sulla nostra terra noi siamo troppo piccoli per poter spazzare il camino dei nostri vulcani ed и per questo che ci dаnno tanti guai.
Il piccolo principe strappт anche con una cetra malinconia gli ultimi germogli dei baobab. Credeva di non ritornare piъ. Ma tutti quei lavori consueti gli sembravano, quel mattino, estremamente dolci. E quando innaffiт per l'ultima volta il suo fiore, e si preparт a metterlo al riparo sotto la campana di vetro, scoprн che aveva una gran voglia di piangere.
"Addio", disse al fiore.
Ma il fiore non rispose.
"Addio", ripetй.
Il fiore tossн. Ma non era perchй fosse raffreddato.
"Sono stato uno sciocco", disse finalmente, "scusami, e cerca di essere felice".
Fu sorpreso dalla mancanza di rimproveri. Ne rimase sconcertato, con la campana di vetro per aria. Non capiva quella calma dolcezza.
"Ma sн, ti voglio bene", disse il fiore, "e tu non l'hai saputo per colpa mia. Questo non ha importanza, ma sei stato sciocco quanto me. Cerca di essere felice. Lascia questa campana di vetro, non la voglio piъ".
"Ma il vento…"
"Non sono cosн raffreddato. L'aria fresca della notte mi farа bene. Sono un fiore".
"Ma le bestie…"
"Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere le farfalle, sembra che siano cosн belle. Se no chi verrа a farmi visita? Tu sarai lontano e delle grosse bestie non ho paura. Ho i miei artigli".
E mostrava ingenuamente le sue quattro spine. Poi continuт:
"Non indugiare cosн, и irritante. Hai deciso di partire e allora vattene".
Perchй non voleva che io lo vedessi piangere. Era un fiore cosн orgoglioso...
Il piccolo principe si trovava nella regione degli asteroidi 325, 326, 327, 328, 329 e 330. cominciт a visitarli per cercare un'occupazione e per istruirsi.
Il primo asteroide era abitato da un re. Il re, vestito di porpora e d'ermellino, sedeva su un trono molto semplice e nello stesso tempo maestoso.
"Ah! Ecco un suddito", esclamт il re appena vide il piccolo principe.
E il piccolo principe si domandт:
"Come puт riconoscermi se non mi ha mai visto?"
Non sapeva che per i re il mondo и molto semplificato. Titti gli uomini sono dei sudditi.
"Avvicнnati che ti veda meglio", gli disse il re che era molto fiero di essere finalmente re per qualcuno.
Il piccolo principe cercт con gli occhi dove potersi sedere, ma il pianeta era tutto occupato dal magnifico manto di ermellino. Dovette rimanere in piedi, ma era tanto stanco che sbadigliт.
"И contro all'etichetta sbadigliare alla presenza di un re", gli disse il monarca, "te lo proibisco".
"Non posso farne a meno", rispose tutto confuso il piccolo principe. "Ho fatto un lungo viaggio e non ho dormito..."
"Allora", gli disse il re, "ti ordino di sbadigliare. Sono anni che non vedo qualcuno che sbadiglia, e gli sbadigli sono una curiositа per me. Avanti! Sbadiglia ancora. И un ordine".
"Mi avete intimidito… non posso piъ", disse il piccolo principe arrossendo.
"Hum! hum!" rispose il re. "Allora io... io ti ordino di sbadigliare un po' e un po'..."
Borbottт qualche cosa e sembrт seccato. Perchй il re teneva assolutamente a che la sua autoritа fosse rispettata. Non tollerava la disubbidienza. Era un monarca assoluto. Ma siccome era molto buono, dava degli ordini ragionevoli.
"Se ordinassi", diceva abitualmente, "se ordinassi a un generale di trasformarsi in un uccello marino, e se il generale non ubbidisse, non sarebbe colpa del generale. Sarebbe colpa mia".
"Posso sedermi?" s'informт timidamente il piccolo principe.
"Ti ordino di sederti", gli rispose il re che ritirт maestosamente una falda del suo mentello di ermellino.
Il piccolo principe era molto stupito. Il pianeta era piccolissimo e allora su che cosa il re poteva regnare?
"Sire", gli disse, "scusatemi se vi interrogo..."
"Ti ordino di interrogarmi", si affrettт a rispondere il re.
"Sire, su che cosa regnate?"
"Su tutto", rispose il re con grande semplicitа.
"Su tutto?"
Il re con un gesto dicreto indicт il suo pianeta, gli altri pianeti, e le stelle.
"Su tutto questo?" domandт il piccolo principe.
"Su tutto questo…" rispose il re.
Perchй non era solamente un monarca assoluto, ma era un monarca universale.
"E le stelle vi ubbidiscono?"
"Certamente", gli disse il re. "Mi ubbidiscono immediatamente. Non tollero l'indisciplina".
Un tale potere meravigliт il piccolo principe. Se l'avesse avuto lui, avrebbe potuto assistere non a quarantatrй ma a settantadue, o anche a cento, a duecento tramonti nella stessa giornata, senza dover spostare mai la sua sedia! E santendosi un po' triste al pensiero del suo piccolo pianeta abbandonato, si azzardт a sollecitare una grazia dal re:
"Vorrei tanto vedere un tramonto… Fatermi questo piacere… Ordinate al sole di tramontare..."
"Se ordinassi a un generale di volare da un fiore all'altro come una farfalla, o di scrivere una tragedia, o di trasformarsi in un uccello marino; e se il generale non eseguisse l'ordine ricevuto, chi avrebbe torto, lui o io?"
"L'avreste voi", disse con fermezza il piccolo principe.
"Esatto. Bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno puт dare", continuт il re. "L'autoritа riposa, prima di tutto, sulla ragione. Se tu ordini al tuo popolo di andare a gettarsi in mare, farа la rivoluzione. Ho il diritto di esigere l'ubbidienza perchй i miei ordini sono ragionevoli".
"E allora il mio tramonto?" ricordт il piccolo principe che non si dimenticava mai di una domanda una volta che l'aveva fatta.
"L'avrai il tuo tramonto, lo esigerт, ma, nella mia sapienza di governo, aspetterт che le condizioni siano favorevoli".
"E quando saranno?" s'informт il piccolo principe.
"Hem! hem!" gli rispose il re che intanto consultava un grosso calendario, "hem! Hem! sarа verso, verso, sarа questa sera verso le sette e quaranta! E vedrai come sarт ubbidito a puntino".
Il piccolo principe sbadigliт. Rimpiangeva il suo tramonto mancato. E poi incominciava ad annoiarsi.
Non ho piъ niente da fare qui", disse al re. "Me ne vado".
"Non partite", rispose il re che era tanto fiero di avere un suddito, "non partire, ti farт ministro!"
"Ministro di che?"
"Di… della giustizia!"
"Ma se non c'e nessuno da giudicare?"
"Non si sa mai", gli disse il re. "Non ho ancora fatto il giro del mio regno. Sono molto vecchio, non c'e posto per una carrozza e mi stanco a camminare".
"Oh! ma ho giа visto io", disse il piccolo principe sporgendosi per dare ancora un'occhiata sull'altra parte del pianeta. "Neppure laggiъ c'e qualcuno".
"Giudicherai te stesso", gli rispose il re. "И la cosa piъ difficile. И molto piъ difficile giudicare se stessi che gli altri. Se riesci a giudicarti bene и segno che sei veramente un saggio".
"Io", disse il piccolo principe, "io posso giudicarmi ovunque. Non ho bisogno di abitare qui".
"Hem! hem!" disse il re. "Credo che da qualche parte sul mio pianeta ci sia un vecchio topo. Lo sento durante la notte. Potrai giudicare questo vecchio topo. Lo condannerai a morte di tanto in tanto. Cosн la sua vita dipenderа dalla tua giustizia. Ma lo grazierai ogni vilta per economizzarlo. Non ce n'и che uno".
"Non mi piace condannare a morte", rispose il piccolo principe, "preferisco andarmene".
"No", disse il re.
Ma il piccolo principe che aveva finiti i suoi preparativi di partenza, non voleva dare un dolore al vecchio monarca:
"Se Vostra Maestа desidera essere ubbidito puntualmente, puт darmi un ordine ragionevole. Potrebbe ordinarmi, per esempio, di partire prima che sia passato un minuto. Mi pare che le condizioni siano favorevoli..."
E siccome il re non rispondeva, il piccolo principe esitт un momento e poi con un sospiro se ne partн.
"Ti nomino mio ambasciatore", si affrettт a gridargli appresso il re.
Aveva un'aria di grande autoritа.
Sono ben strani i grandi, si disse il piccolo principe durante il viaggio.
Il secondo pianeta era abitato da un vanitoso. Ah! ah! ecco la visita di un ammiratore", gridт da lontano il vanitoso appena scorse il piccolo principe.
Per i vanitosi tutti gli altri uomini sono degli ammiratori.
"Buon giorno", disse il piccolo principe, "che buffo capello avete!"
"И per salutare", gli rispose il vanitoso. "И per salutare quando mi acclamano, ma sfortunatamente non passa mai nessuno da queste parti".
"Ah sн?" disse il piccolo principe che non capiva.
"Batti le mani l'una contro l'altra", consigliт perciт il vanitoso.
Il piccolo principe battй le mani l'una contro l'altra e il vanitoso salutт con modestia sollevando il capello.
"И piъ divertente che la visita al re", si disse il piccolo principe, e ricominciт a battere le mani l'una contro l'altra. Il vanitoso ricominciт a salutare sollevando il capello.
Dopo cinque minuti di questo esercizio il piccolo principe si stancт della monotonia del gioco:
"E che cosa bisogna fare", domandт, "perchй il cappello caschi?"
Ma il vanitoso non l'intese. I vanitosi non sentono altro che le lodi.
"Mi ammiri molto, veramente?" domandт al piccolo principe.
"Che cosa vuol dire ammirare?"
"Ammirare vuol dire riconoscere che io sono l'uomo piъ elegante, piъ ricco e piъ intelligente di tutto il pianeta".
"Ma tu sei solo sul tuo pianeta!"
"Fammi questo piacere. Ammirami lo stesso!"
"Ti ammiro", disse il piccolo principe, alzando un poco le spalle, "ma tu che te ne fai?"
E il piccolo principe se ne andт.
Decisamente i grandi sono ben bizzarri, diceva con semplicitа a se stesso, durante il suo viaggio.
Il pianeta appresso era abitato da un ubriacone. Questa visita fu molto breve, ma immerse il piccolo principe in una grande malinconia.
"Che cosa fai?" chiese all'ubriacone che stava in silenzio davanti a una collezione di bottiglie vuote e a una collezione di bottiglie piene.
"Bevo", rispose, in tono lugubre, l'ubriacone.
"Perchй bevi?" domandт il piccolo principe.
"Per dimenticare", rispose l'ubriacone.
"Per dimenticare che cosa?" s'informт il piccolo principe che cominciava giа a compriangerlo.
"Per dimenticare che ho vergogna", confessт l'ubriacone abbassando la testa.
"Vergogna di che?" insistette il piccolo principe che desiderava soccorrerlo.
"Vergogna di bere!" e l'ubriacone si chiuse in un silenzio definitivo.
Il piccolo principe se ne andт perplesso.
I grandi, decisamente, sono molto, molto bizzarri, si disse durante il viaggio.
Il quarto pianeta era abitato da un uomo d'affari. Questo uomo era cosн occupato che non alzт neppure la testa all'arrivo del piccolo principe.
"Buon giorno", gli disse questi. "La vostra sigaretta и spenta".
"Tre piъ due fa cinque. Cinque piъ sette: dodici. Dodici piъ tre: quindici. Buon giorno. Quindici piъ sette fa ventidue. Ventidue piъ sei: ventotto. Non ho tempo per riaccenderla. Ventisei piъ cinque trentuno. Ouf! Dunque fa cinquecento e un milione seicento ventiduemila settecento trentuno".
"Cinquecento milioni di che?"
"Hem! Sei sempre lн? Cinquecento e un milione di... non lo so piъ. Ho talmente da fare! Sono un uomo serio, io, non mi divetro con delle frottole! Due piъ cinque: sette..."
"Cinquecento e un milione di che?" ripetй il piccolo principe che mai aveva rinunciato a una domanda una volta che l'aveva espressa.
L'uomo d'affari alzт la testa:
"Da cinquantaquattro anni che abito in questo pianeta non sono stato disturbato che tre volte. La prima volta и stato ventidue anni fa, da una melolonta che era caduta chissа da dove. Faceva un rumore spaventoso e ho fatto quattro errori in una addizione. La seconda volta и stato undici anni fa per una crisi di reumatismi. Non mi muovo mai, non ho il tempo di girandolare. Sono un uomo serio, io. La terza volta... eccolo! Dicevo dunque cinquecento e un milione".
"Milioni di che?"
L'uomo d'affari capн che non c'era speranza di pace.
"Milioni di quelle piccole cose che si vedono qualche volta nel cielo".
"Di mosche?"
"Ma no, di piccole cose che brillano".
"Di api?"
"Ma no. Di quelle piccole cose dorate che fanno fantasticare i poltroni. Ma sono un uomo serio, io! Non ho il tempo di fantasticare".
"Ah! di stelle?"
"Eccoci. Di stelle".
"E che ne fai di cinquecento milioni di stelle?"
"Cinquecento e un milione seicentoventidue-milasettecentotrentuno. Sono un uomo serio io, sono un uomo preciso".
"E che te ne fai di queste stelle?"
"Che cosa me ne faccio?"
"Sн".
"Niente. Le possiedo".
"Tu possiedi le stelle?"
"Sн".
"Ma ho giа veduto un re che..."
"I re non possiedono. Ci regnano sopra. И molto diverso".
"E a che ti serve possedere le stelle?"
"Mi serve ad essere ricco".
"E a che ti serve essere ricco?"
"A compperare delle altre stelle, se quelcuno ne trova".
Questo qui, si disse il piccolo principe, ragiona un po'come il mio ubriacone.
Ma pure domandт ancora:
"Come si puт possedere le stelle?"
"Di che sono?" rispose facendo stridere i denti l'uomo d'affari.
"Non lo so, di nessuno".
"Allora sono mie che vi ho pensato per il primo".
"E questo basta?"
"Certo. Quando trovi un diamante che non и di nessuno, и tua. Quando tu hai un'idea per primo, la fai brevettare, ed и tua. E io possiedo le stelle, perchй mai nessuno prima di me si и sognato di possederle".
"Questo и vero", disse il piccolo principe. "Che te ne fai?"
"Le amministro. Le conto e le riconto", disse l'uomo d'affari. "И una cosa difficile, ma io sono un uomo serio!"
Il piccolo principe non era ancora soddisfatto.
"Io, se possiedo un fazzoletto di seta, posso metterlo intorno al collo e portarmelo via. Se possiedo un fiore, posso cogliere il mio fiore e portarlo con me. Ma tu non puoi cogliere le stelle".
"No, ma posso depositarle alla banca".
"Che cosa vuol dire?"
"Vuol dire che scrivo su un pezzetto di carta il numero delle mie stelle e poi chiudo a chiave questo pezzetto di carta in un cassetto".
"Tutto qui?"
"И sufficiente".
И divertente, pensт il piccolo principe, e abbastanza poetico. Ma non и molto serio.
Il piccolo principe aveva sulle cose serie delle idee molto diverse da quelle dei grandi.
"Io", disse il piccolo principe, "possiedo un fiore che innaffio tutti i giorni. Possiedo tre vilcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. Perchй spazzo il camino anche di quello spento. Non si sa mai. И utile ai miei vulcani, ed и utile al mio fiore che io li possegga. Ma tu non sei utile alle stelle..."
L'uomo d'affari aprн la bocca ma non trovт niente da rispondere e il piccolo principe se ne andт.
Decisamente i grande sono proprio straordinari, si disse semplicemente durante il viaggio.
Il quinto pianeta era molto strano. Vi era appena il posto per sistemare un lampione e l'uomo che l'accendeva. Il piccolo principe non riusciva a spiegarsi a che potessero servire, spersi nel cielo, su di un pianeta senza case, senza abitanti, un lampione e il lampionaio.
Eppure si disse:
"Forse quest'uomo и veramente assurdo. Perт и meno assurdo del re, del vanitoso, dell'uomo d'affari e dell'ubriacone. Almeno il suo lavoro ha un senso. Quando accende il suo lampione, и come se facesse nascere una stella in piъ, o un fiore. Quando lo spegne addormenta il fiore o la stella. И una bellissima occupazione, ed и veramente utile, perchй и bella".
Salendo sul pianeta salutт rispettosamente l'uomo:
"Buon giorno. Perchй spegni il tuo lampione?"
"И la consegna", rispose il lampionaio. "Buon goirno".
"Che cos'и la consegna?"
"И di spegnere il mio lampione. Buona sera". E lo riaccese.
"E adesso perchй lo riaccendi?"
"И la consegna".
"Non capisco", disse il piccolo principe.
"Non c'и nulla da capire", disse l'uomo, "la consegna и la consegna и la consegna. Buon giorno". E spense il lampione.
Poi si asciugт la fronte con un fazzoletto a quadri rossi.
"Faccio un mestiere terribile. Una volta era ragionevole. Accendevo al mattino e spegnevo alla sera, e avevo il resto del giorno per riposarmi e il resto della notte per dormire..."
"E dopo di allora и cambiata la consegna?"
"La consegna non и cambiata", disse il lampionaio, "и proprio questo il dramma. Il pianeta di anno in anno ha girato sempre piъ in fretta e la consegna non и stata cambiata!"
"Ebbene?" disse il piccolo principe.
"Ebbene, ora che fa un giro al minuto, non ho piъ un secondo di riposo. Accendo e spengo una volta al minuto!"
"И divertente! I giorni da te durano un minuto!"
"Non и per nulla divertente", disse l'uomo. "Lo sai che stiamo parlando da un mese?"
"Da un mese?"
"Sн. Trenta minuti: trenta giorni! Buona sera".
E riaccese il suo lampione.
Il piccolo principe lo guardт e senti improvvisamente di amare questo uomo che era cosi fedele alla sua consegna. Si ricordт dei tramonti che lui stesso una volta andava a cercare, spostando la sua sedia. E volle aiutare il suo amico:
"Sai… conosco un modo per riposarti quando varrai..."
"Lo vorrei sempre", disse l'uomo.
Perchй si puт essere nello stesso tempo fedeli e pigri.
E il piccolo principe continuт:
"Il tuo pianeta и cosн piccolo che in tre passi ne puoi fare il giro. Non hai che da camminare abbastanza lentamente per rimanere sempre al sole. Quando vorrai riposarti camminerai e il giorno durerа finchй tu vorrai".
"Non mi serve a molto", disse l'uomo. "Ciт che desidero soprattutto nella vita и di dormire".
"Non hai fortuna", disse il piccolo principe.
"Non ho fortuna", rispose l'uomo. "Buon giorno".
E spense il suo lampione.
Quest'uomo, si disse il piccolo principe, continuando il suo viaggio, quest'uomo sarebbe disprezzato da tutti gli altri, dal re, dal vanitoso, dall'ubriacone, dall'uomo d'affari. Tuttavia и il solo che non mi sembri ridicolo. Forse perchй si occupa di altro che non di se stesso.
Ebbe un sospiro di rammarico e si disse ancora:
Questo и il solo di cui avrei potuto farmi un amico. Ma il suo pianeta и veramente troppo piccolo, non c'и posto per due...
Quello che il piccolo principe non osava confessare a se stesso, era che di questo pianeta benedetto rimpiangeva soprattutto i suoi millequattrocentoquaranta tramonti nelle ventiquattro ore!
Il sesto pianeta era dieci volte piъ grande. Era abitato da un vecchio signore che scriveva degli enormi libri.
"Ecco un esploratore", esclamт quandт scorse il piccolo principe.
Il piccolo principe si sedette sul tavolo ansimando un poco. Era in viaggio da tanto tempo.
"Da dove vieni?" gli domandт il vecchio signore.
"Che cos'и questo grosso libro?" disse il piccolo principe. "Che cosa fate qui?"
"Sono un geografo", disse il vecchio signore.
"Che cos'и un geografo?"
"И un sapiente che sa dove si trovano i mari, i fiumi, le cittа, le montagne e i deserti".
"И molto interessante", disse il piccolo principe, "questo finalmente и un vero mestiere!"
E diede un'occhiata tutto intorno sul pianeta del geografo. Non aveva mai visto fino ad ora un pianeta cosн maestoso.
"И molto bello il vostro pianeta. Ci sono degli oceani?"
"Non lo posso sapere", disse il geografo.
"Ah! (il piccolo principe fu deluso) E delle montagne?"
"Non lo posso sapere", disse il geografo.
"E delle cittа e dei fiumi e dei deserti?"
"Neppure lo posso sapere", disse il geografo.
"Ma siete un geografo!"
"Esatto", disse il geografo, "ma non sono un esploratore. Manco completamente di esploratori. Non и il geografo che va a fare il conto delle cittа, dei fiumi, delle montagne, dei mari, degli oceani e dei deserti. Il geografo и troppo importante per andare in giro. Non lascia mai il suo ufficio, ma riceve gli esploratori, li interroga e prende degli appunti sui loro ricordi. E se i ricordi di uno di loro gli sembrano interessanti, il geografo fa fare un'inchiesta sulla moralitа dell'esploratore".
"Perchй?"
"Perchй se l'esploratore mentisse porterebbe una catastrofe nei libri di geografia. Ed anche un esploratore che bevesse troppo".
"Perchй?" domandт il principe.
"Perchй gli ubriachi vedono doppio e allora il geografo annoterebbe due montagne lа dove ce n'и una sola".
"Io conosco qualcuno", disse il piccolo principe, "che sarebbe un cattivo esploratore".
"И possibile. Dunque, quando la moralitа dell'esploratore sembra buona, si fa un'inchiesta sulla sua scoperta".
"Si va a vedere?"
"No, и troppo complicato. Ma si esige che l'esploratore fornisca le prove. Per esempio, se si tratta di una grossa montagna, si esige che riporti delle grosse pietre".
All'improvviso il geografo si commosse.
"Ma tu, tu vieni da lontano! Tu sei un esploratore! Mi devi descrivere il tuo pianeta!"
E il geografo, avendo aperto il suo registro, temperт la sua matita. I resoconti degli esploratori si annotano da prima a matita, e si aspetta per annotarli a penna che l'esploratore abbia fornito delle prove.
"Allora?" interrogт il geografo.
"Oh! da me", disse il piccolo principe, "non и molto interessante, и talmente piccolo. Ho tre vulcani, due in attivitа e uno spento. Ma non si sa mai".
"Non si sa mai", disse il geografo.
"Ho anche un fiore".
"Noi non annotiamo I fiori", disse il geografo.
"Perchй? Sono la cosa piъ bella".
"Perchйi fiori sono effimeri".
"Che cosa vuol dire "effimero"?"
"Le geografie", disse il geografo, "sono i libri piъ preziosi fra tutti i libri. Non passano mai di moda. И molto raro che una montagna cambi di posto. И molto raro che un oceano si prosciughi. Noi descriviamo delle cose eterne".
"Ma i vulcani spenti si possono risvegliare", interruppe il piccolo principe. "Che cosa vuol dire "effimero"?"
"Che i vulcani siamo spenti o in azione, и lo stesso per noi", disse il geografo. "Quello che conta per noi и il monte, lui non cambia".
"Ma che cosa vuol dire "effimero"?" ripetй il piccolo principe che in vita sua non aveva mai rinunciato a una domanda una volta che l'aveva fatta.
"Vuol dire "che и minacciato di scomparire in un tempo breve".
"Il mio fiore и destinato a scomparire presto?"
"Certamente".
Il mio fiore и effimero, si disse il piccolo principe, e non ha che quattro spine per difendersi dal mondo! E io l'ho lasciato solo!
E per la prima volta si senti pungere dal rammarico. Ma si fece coraggio:
"Che cosa mi consigliate di andare a visitare?"
"Il pianeta Terra", gli rispose il geografo. "Ha una buona reputazione..."
E il piccolo principe se ne andт pensando al suo fiore.
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